REATI TRIBUTARI
Il D.Lgs 24 settembre 2015, n. 158 entrato in vigore il 22 ottobre 2015 ha introdotto sostanziali modifiche alla disciplina dei reati tributari di cui al D.Lgs. n. 74/2000 (sanzioni amministrative e penali). Si parla di reati tributari quando si commette la violazione di un obbligo tributario. La violazione comporta, come diretta conseguenza, l’applicazione di una sanzione. L’ordinamento tributario prevede due tipi di sanzioni, quelle amministrative e quelle penali, a seconda che la violazione costituisca, in base alla legge, rispettivamente illecito amministrativo o illecito penale. La sanzione amministrativa consiste, generalmente, nel pagamento di una somma di denaro. Le principali sanzioni amministrative sono: Gli omessi o ritardati versamenti diretti Iva Redditi ecc.(saldo, acconto, periodici). Per tale mancanza la sanzione è del 30% dell’imposta dovuta. La sanzione è ridotta in funzione del periodo entro il quale si effettua il pagamento (Ravvedimento). L’omessa dichiarazione dei Redditi Iva e 770. Per tale omissione la sanzione va dal 120% al 240% delle imposte dovute con un minimo di 258 euro. In caso di dichiarazione infedele, la sanzione è dal 100% al 200% della maggiore imposta o della differenza di credito (la sanzione si applica anche se nella dichiarazione sono esposte indebite detrazioni o deduzioni). In presenza di redditi prodotti all’estero, le relative sanzioni sono aumentate di un terzo. La sanzione è elevata del 10% in caso di omessa o infedele indicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore. In caso di mancata ottemperanza a richieste di uffici finanziari o Guardia di finanza, la sanzione è da 258 euro a 2.065 euro. In caso di omessa tenuta o conservazione della contabilità, la sanzione va da 1.032 euro a 7.746 euro. Imposte ipotecarie e catastali. In caso di omessa richiesta di trascrizione o di annotazioni obbligatorie, la sanzione va dal 100% al 200% dell’imposta ovvero, se soggetta a imposta fissa, da 103 a 2.065 euro. Imposta di bollo. In caso di omesso o insufficiente pagamento, la sanzione va dal 100% al 500% dell’imposta o della maggiore imposta. L’indebito utilizzo in compensazione è punito con la sanzione dal 100% al 200% del credito inesistente.. Le sanzioni penali sono correlate ai principali reati tributari, essi sono connessi alle dichiarazioni fiscali e agli inadempimenti contabili e documentali, e sono disciplinati dal decreto legislativo n. 74 del 2000 (ora modificati dalla norma in esame) I principali reati sono: la dichiarazione fraudolenta, che si configura con l’utilizzo, da parte del contribuente, di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, o avvalendosi di altri artifici. La dichiarazione fraudolenta si distingue per l’elemento della “frode”, consistente in comportamenti ulteriori, rispetto alla mera presentazione di una dichiarazione non veritiera (documentazione falsa o contraffatta, mezzi fraudolenti di qualsiasi natura); la dichiarazione infedele, che coincide con il mancato riporto di elementi attivi (o l’indicazione di elementi passivi fittizi) di ammontare particolarmente rilevante; la dichiarazione omessa, che configura il reato penale solo se si supera la soglia di punibilità; l’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti; l’occultamento o distruzione di documenti contabili; l’omesso versamento di ritenute certificate o dell’Iva dovuta, in base alle risultanze della dichiarazione annuale, per un ammontare superiore alla soglia di punibilità; la sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, che si configura con il compimento di atti idonei a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva, quali una vendita simulata a soggetto terzo; l’utilizzazione in compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, quando l’ammontare supera la soglia prevista per ciascun periodo d’imposta. Le modifiche apportate al sistema sanzionatorio penale tributario, dal D.Lgs 24 settembre 2015, n.158 hanno ridefinito il quadro normativo delle sanzioni amministrative e penali. La legge ha previsto l’immediata applicazione per quelle penali (22 ottobre 2015), mentre quelle amministrative sono entrate in vigore dal 01 gennaio 2016. L’obiettivo della riforma è stato di differenziare (gradare) l’impatto delle sanzioni a secondo del comportamento più o meno fraudolento tenuto dal contribuente. I contribuenti ora dovranno fare attenzione alle rispettive condotte in caso di reati di omessa dichiarazione del sostituto d’imposta, di omesso versamento di ritenute dichiarate, seppur certificate, e l’ampia fattispecie della dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici ascrivibile a qualsiasi soggetto. Vediamo nel dettaglio le varie fattispecie. OMESSI VERSAMENTI: Sono state innalzate le fasce determinanti la rilevanza penale degli omessi versamenti. La rilevanza penale per l’omesso versamento delle ritenute passa così da 50 a 150mila euro e dell’IVA da 50mila a 250mila. Il computo della soglia va fatto per imposta e per singolo anno. OMESSA PRESENTAZIONE In merito all’omessa presentazione della dichiarazione del sostituto d’imposta (770) viene stabilita la rilevanza penale qualora le ritenute non versate superino i 50mila euro (comma 1-bis all’art. 5 del dlgs 74/2000). Sono state anche aumentate le pene per l’omessa presentazione della dichiarazione (con reclusione da 1 anno e sei mesi a quattro anni e non più da 1 a 3 anni). Mentre per l’occultamento e sottrazione delle scritture contabili le pene sono da 1 anno e sei mesi a 6 anni. DICHIARAZIONE INFEDELE Rivisto anche il reato di dichiarazione infedele con la relativa soglia di punibilità che sale da 50 a 150mila euro facendo scattare il reato anche in caso in cui l’imponibile evaso superi i 3 milioni di euro (non più i “vecchi” 2 milioni) o comunque il 10% dei ricavi complessivi. Non saranno, invece, puniti i reati di omesso versamento e di indebita compensazione di crediti esistenti qualora, precedentemente alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il contribuente abbia estinto i correlativi debiti tributari, inclusivi delle sanzioni amministrative e degli interessi) anche a seguito di procedure conciliative e di adesione all’accertamento nonché del ravvedimento operoso. Interessante questa modifica perché la legge fino al 21 ottobre 2015 prevedeva che prima dell’apertura del dibattimento anche se si pagava imposta e sanzioni si otteneva la riduzione fino a 1/3 della pena e azzeramento oneri accessori. Oggi se il contribuente paga prima dell’apertura del dibattimento di primo grado non è più punibile. Su questo ultimo punto segnalo che è stato previsto un regime «transitorio» per i procedimenti in corso. La Cassazione (sentenza n. 40314/2016) ha precisato che nei procedimenti in corso, anche se sia stata oltrepassata l’apertura del dibattimento di primo grado, in applicazione del principio di uguaglianza, il pagamento del debito tributario assume il medesimo effetto estintivo del reato. Con la conseguenza che per i processi già avviati al 22 ottobre 2015, sino a quando il procedimento è pendente, se avviene il pagamento, il reato non è punibile. Ai fini del calcolo dell’imposta evasa, segnalo un’altra importante modifica: la possibilità di scomputare le perdite pregresse ai fini del calcolo dell’imposta evasa. E’ previsto infatti che la differenza tra l’imposta effettivamente dovuta e quella indicata nella dichiarazione, ovvero l’intera imposta dovuta nel caso di omessa dichiarazione, al netto delle somme versate dal contribuente o da terzi a titolo di acconto, di ritenuta o comunque in pagamento di detta imposta prima della presentazione della dichiarazione o della scadenza del relativo termine; non si considera imposta evasa quella teorica e non effettivamente dovuta collegata a una rettifica in diminuzione di perdite dell’esercizio o di perdite pregresse spettanti e utilizzabili”. |
La legge ha escluso dalla rilevanza penale la condotta gli elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti rispetto ai quali i criteri di valutazione concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione della competenza, della non inerenza e della non deducibilità degli elementi passivi reali.