Anatocismo bancario– inquadramento normativo e giurisprudenziale

Cosa indica il termine anatocismo?

Il termine anatocismo indica la capitalizzazione degli interessi maturati, allo scopo di renderli a loro volta produttivi di altri interessi. Tecnicamente ciò si verifica attraverso l’applicazione di interessi composti, invece dell’applicazione di interessi passivi semplici.

Tale fenomeno è disciplinato dall’art. 1283 c.c., in base al quale “in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi”. La norma, applicabile a tutte le categorie di interessi, inclusi quelli moratori, conferma il generale sfavore legislativo per l’anatocismo, usualmente giustificato per ragioni sostanzialmente riconducibili alla tutela del debitore di danaro.

Se la redazione della consulenza tecnica d’Ufficio risulta ancorata o per meglio dire vincolata ai quesiti posti dal Giudice, sicuramente la redazione di quella di parte ha più libertà di azione. Anche se l’obiettivo del CTU è rispondere ai quesiti posti dal Giudice mentre quello di Parte ha più libertà, entrambi però debbono rifarsi alle norme di riferimento e della giurisprudenza in costante mutamento. Il cambiamento delle norme e della giurisprudenza influenzano i giudici perché tali cambiamenti influenzano la formulazione dei quesiti.

PATTUIZIONE SCRITTA DEGLI INTERESSI E RINVIO AGLI USI SU PIAZZA. CONTRATTI STIPULATI IN DATA ANTERIORE LEGGE SULLA TRASPARENZA BANCARIA

Il saggio degli interessi, ove ultralegale, deve essere previsto, a pena di nullità con apposita pattuizione scritta come stabilito dall’art. 1284 comma 3 c.c., successivamente dagli artt. 3 e 4 l. n. 154 del 1992 ed infine dall’art. 117 d.lg. n. 385 del 1993.

I contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della l. n. 154 del 1992 (8 luglio 1992), allorché fissano il saggio di interesse mediante richiamo alle condizioni su piazza, sono ugualmente nulli per indeterminatezza ed indeterminabilità dell’oggetto ex 1346 c.c. .

Il rimando ad elementi esterni, ammissibile anche nei contratti a forma vincolata, infatti, deve avvenire rispettando criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, obiettivamente individuabili («prime rate», «top rate» e tassi intermedi).

In ogni caso tali clausole sono divenute inoperanti a partire dal 9 luglio 1992, data di acquisto dell’efficacia della legge sulla trasparenza bancaria (art. 4, poi trasfuso nell’art. 117 t.u.b.), che, sancisce la nullità delle clausole di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e, pur non incidendo, in base ai principi regolanti la successione delle leggi nel tempo, sulla validità delle clausole contrattuali inserite in contratti già conclusi, impedisce che esse possano produrre per l’avvenire ulteriori effetti nei rapporti ancora in corso poiché l’innovazione normativa «impinge sulle stesse caratteristiche del sinallagma contrattuale, generatore di conseguenze obbligatorie protraentesi nel tempo»                                                                                                                                                                                                      Come ampliamente noto l’anno di svolta dell’anatocismo bancario è il 1999, allorquando con la sentenza 11 novembre 1999, n. 12507, la prima sezione civile della cassazione ha cambiato orientamento ed ha attribuito alle consuetudini bancarie la diversa natura di usi negoziali; tale orientamento è stato successivamente ribadito, fino a poco tempo addietro, dalla Corte di legittimità, la quale, ancora nel 2007, così si esprimeva: “… le clausole anatocistiche … sono basate su un uso negoziale, anziché su un uso normativo, mancando di quest’ultimo il necessario requisito soggettivo, consistente nella consapevolezza di prestar osservanza, operando in un certo modo, a una norma giuridica, nella convinzione che il comportamento tenuto è giuridicamente obbligatorio, in quanto conforme ad una norma che già esiste o che si reputa debba fare parte dell’ordinamento giuridico”.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte con la sentenza n. 24418 del 2 dicembre 2010 hanno risolto ogni dubbio sulla possibile validità della capitalizzazione annuale o semestrale, in sostituzione automatica di quella trimestrale. In particolare, la Suprema Corte nella sentenza di cui sopra sancisce: “L’interpretazione data dal giudice di merito all’art. 7 del contratto di conto corrente bancario, stipulato dalle parti in epoca anteriore al 22 aprile 2000, secondo la quale la previsione di capitalizzazione annuale degli interessi contemplata dal primo comma di detto articolo si riferisce ai soli interessi maturati a credito del correntista, essendo invece la capitalizzazione degli interessi a debito prevista dal comma successivo su base trimestrale, è conforme ai criteri legali d’interpretazione del contratto ed, in particolare, a quello che prescrive l’interpretazione sistematica delle clausole; con la conseguenza che, dichiarata la nullità della surriferita previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall’art. 1283 c.c. (il quale osterebbe anche all’eventuale previsione negoziale di capitalizzazione annuale), gli interessi a debito del correntista debbono essere calcolati senza operare capitalizzazione alcuna.”

Ancora più di recente, la terza sezione della Suprema Corte, con la sentenza 9695 del 3 maggio 2011, ha definitivamente ribadito che: “È illegittima la capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi di conto corrente bancario passivi per il cliente, se prevista da clausole anatocistiche stipulate prima del D.lgs. n. 342/99 e della delibera del CICR prevista dall’art. 25 comma 2 di tale decreto, in quanto siffatte clausole, secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, sono disciplinate dalla normativa anteriormente in vigore e, quindi, sono da considerare nulle in quanto stipulate in violazione dell’art. 1283 c.c., perché basate su di un uso negoziale, anziché su di un uso normativo, mancando di quest’ultimo il necessario requisito soggettivo, consistente nella consapevolezza di prestare osservanza, operando in un certo modo, ad una norma giuridica, per la convinzione che il comportamento tenuto è giuridicamente obbligatorio,- in quanto conforme ad una norma che già esiste o che si reputa debba fare parte dell’ordinamento giuridico”.

La nullità della clausola che prevede la capitalizzazione trimestrale delle poste debitorie per violazione del divieto di anatocismo imposto dall’art. 1283 c.c. è oramai pacifica in giurisprudenza. Infatti, secondo la più recente giurisprudenza, la prassi bancaria della capitalizzazione periodica degli interessi, per quanto consolidatasi negli anni, non sarebbe idonea ad integrare un “uso normativo” per difetto del requisito soggettivo della “opinio iuris ac necessitatis”, in quanto le clausole anatocistiche sarebbero state nel tempo accettate dai correntisti non perché ritenute conformi a norme di diritto oggettivo già esistenti o che sarebbe stato auspicabile fossero esistenti, ma semplicemente perché ricomprese nei moduli contrattuali predisposti unilateralmente dagli istituti di credito. Per tale motivo tale principio può ritenersi ius receptum.

L’art. 2 della Delibera CICR del 9 febbraio 2000, adottata in attuazione dell’art. 120, comma 2, T.U.B., così come modificato dall’art. 25 D.lgs. n. 342/1999, ha previsto espressamente che nel conto corrente l’accredito e l’addebito degli interessi avvenga sulla base di tassi e con le periodicità contrattualmente stabiliti e che il saldo periodico produce interessi secondo le medesime modalità.

La capitalizzazione degli interessi è quindi possibile per i rapporti successivi all’entrata in vigore della Delibera CICR (1 luglio 2000), purché sia contrattualmente prevista una medesima periodicità per la capitalizzazione sia degli interessi passivi e sia degli interessi attivi.

In particolare nella Delibera CICR:

Art. 1: “Nelle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito poste in essere dalle banche e dagli intermediari finanziari gli interessi possono produrre a loro volta interessi […]”.

Art. 2: “Nel conto corrente l’accredito e l’addebito degli interessi avviene sulla base dei tassi e con le periodicità contrattualmente stabiliti. Il saldo periodico produce interessi secondo le medesime modalità. Nell’ambito di ogni singolo conto corrente deve essere stabilita la stessa periodicità nel conteggio degli interessi creditori e debitori […]”.

Art. 7: “Le condizioni applicate sulla base dei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente delibera devono essere adeguate alle disposizioni in questa contenute entro il 30 giugno 2000 e i relativi effetti si producono a decorrere dal successivo 1° luglio”.

In relazione ai contratti già in essere alla data di entrata in vigore della richiamata Delibera CICR l’art. 7 del provvedimento ha previsto espressamente che le condizioni applicate sulla base dei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della Delibera dovessero essere adeguate alle disposizioni in questa contenute entro il 30 giugno 2000 ed i relativi effetti si sarebbero prodotti dal 1° luglio 2000.

In particolare poi all’art. 7, comma 3 così è stato disposto:

“Nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela”.

Il richiamo alle “condizioni precedentemente applicate”, riportato nell’art. 7 della Delibera, deve essere ricondotto alla nullità dell’anatocismo trimestrale, risultante dalla normativa vigente (l’art. 1283 c.c.) – oltre che dalla costante giurisprudenza – e precedente alla Delibera medesima, con ciò verificandosi un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate e dunque richiedendosi una espressa approvazione scritta da parte del cliente.

La sentenza n. 425/2000 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 25, comma 3 del D.lgs. 342/99 nella parte in cui aveva stabilito la validità ed efficacia – sino all’entrata in vigore della Delibera CICR – delle clausole contrattuali precedentemente stipulate e che prevedevano una periodica capitalizzazione degli interessi.

Per effetto dell’intervento della Corte Costituzionale è conseguito che le clausole anatocistiche, in base al principio che regola la successione delle leggi nel tempo, restano disciplinate dalla normativa antecedentemente in vigore: dunque sono soggette a nullità, in quanto in aperta violazione dell’art. 1283 c.c.

Così difatti si è pronunciata la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sent. n. 21095/2004):

“In tema di capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi di conto corrente bancario passivi per il cliente, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 425/00, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 76 Cost., l’art. 25, comma terzo, D.lgs. n. 342/99, il quale aveva fatto salva la validità e l’efficacia – fino all’entrata in vigore della Delibera CICR di cui al comma 2 del medesimo art. 25 – delle clausole anatocistiche stipulate in precedenza, siffatte clausole, secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, sono disciplinate dalla normativa anteriormente in vigore e, quindi sono da considerare nulle in quanto stipulate in violazione dell’art. 1283 c.c.”

L’art. 25 del decreto legislativo numero 342 del 1999 ha ricevuto attuazione – per la parte relativa all’adeguamento delle vecchie clausole anatocistiche – tramite l’articolo sette della delibera CICR del 9 febbraio 2000; tale delibera dispone, che: ”1. Le condizioni applicate sulla base dei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente delibera devono essere adeguate alle disposizioni in questa contenute entro il 30 giugno 2000 e i relativi effetti si producono a decorrere dal successivo 1° luglio; 2. Qualora le nuove condizioni contrattuali non comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, le banche e gli intermediari finanziari, entro il medesimo termine del 30 giugno 2000, possono provvedere all’adeguamento, in via generale, mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Di tali nuove condizioni deve essere fornita opportuna notizia per iscritto alla clientela alla prima occasione utile e, comunque, entro il 31 dicembre 2000; 3. Nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela”.

La delibera, dunque, consentiva l’adeguamento delle vecchie clausole anatocistiche a determinate condizioni: se l’adeguamento non comportava un peggioramento delle condizioni applicate in precedenza, la banca poteva provvedere unilateralmente all’adeguamento della clausola mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana entro il termine del 30 giugno 2000, dandone comunicazione scritta al correntista alla prima occasione utile e comunque entro il 31 dicembre dello stesso anno.

Nel caso, invece, in cui per effetto dell’adeguamento la clausola anatocistica comportasse effetti peggiorativi per il correntista, non era più sufficiente il meccanismo di adeguamento di cui sopra, ma la banca avrebbe dovuto rinegoziare le clausole, ottenendo una specifica approvazione da parte del cliente.

Ne consegue che la capitalizzazione degli interessi, in base alla citata delibera del CICR, può ritenersi consentita solo per i contratti stipulati a far data dal 22.4.2000, secondo quanto concretamente pattuito dalle parti (sempre che, comunque, vi sia la stessa periodicità di capitalizzazione per gli interessi debitori e creditori); per i contratti già in essere è prevista la possibilità di adeguamento contrattuale, ma senza effetti retroattivi.

Detto ciò occorre stabilire se i contratti in essere al momento dell’entrata in vigore della delibera CICR potevano essere adeguati con atto unilaterale della banca, ovvero se fosse necessario l’accordo espresso del correntista.

Ebbene, secondo una giurisprudenza consolidata quest’ultima opzione deve essere preferita.

Dunque se è possibile per le banche, dopo l’anno 2000, rinegoziare con i vecchi clienti le clausole che prevedono l’anatocismo (purché siano rese conformi alle regole stabilite dal TU bancario e dalla delibera CICR), non ne è invece possibile una modifica unilaterale necessitando sempre l’approvazione per iscritto da parte del Correntista (art. 6 Delibera C.I.C.R.).

Se ciò non avviene nessuna capitalizzazione degli interessi è dovuto, neppure per il periodo successivo al 30 giugno 2000.thBCHXDW62